
La ricerca al centro
Il nostro Ateneo vive dell'attività dei suoi ricercatori: un'attività che va supportata. Tutti i giorni
Si sente spesso ripetere, non di rado acriticamente, che la ricerca universitaria deve essere più vicina al cosiddetto mondo reale e occuparsi di temi che presentino una ricaduta concreta a breve termine nella società e nel mondo economico e produttivo del Paese. Che il tema del trasferimento dei saperi e della tecnologia sia stato negli ultimi decenni trascurato è sotto gli occhi di tutti; ma che questa circostanza, di certo non imputabile all’università, venga strumentalizzata allo scopo di indurre i nostri ricercatori ad allontanarsi dalla «sana» e imprescindibile speculazione della blue sky research per privilegiare temi di immediata ricaduta, rappresenta un errore grossolano, tipico di una classe politica e dirigente miopi.
Il nostro Ateneo vive di ricerca, di ricerca eccellente, come hanno tra l’altro dimostrato i risultati dell’ultimo esercizio ministeriale di Valutazione della Qualità della Ricerca e il recente riconoscimento di ben tredici Dipartimenti di eccellenza nazionale in molteplici aree scientifiche. La ricerca di altissimo livello è la nostra missione fondamentale alla quale necessariamente si accompagnano didattica e terza missione di eccellenza. Ed è sulla ricerca che il nostro Ateneo deve porre la massima attenzione e concentrare adeguate risorse umane e finanziarie.
Dobbiamo combattere la “solitudine” dei ricercatori nei confronti della burocrazia e fare in modo che possano trovare tempo di qualità da dedicare alla ricerca vera, non quella dei moduli, delle riunioni e delle statistiche. Tecnologie, organizzazione razionale del lavoro e formazione del personale possono e devono essere volti a questo obiettivo. Lasciare spazio all’immaginazione e alla creatività per suggerire, per chi vuole e nella massima libertà, spazi e opportunità per far lavorare insieme le nostre menti migliori. Anche attraverso lo scambio continuo di idee e la frequentazione di discipline diverse si può generare una ricerca di qualità. Allo stesso tempo bisogna saper riconoscere e valorizzare la specificità della ricerca nelle diverse aree fornendo supporto sia ai grandi gruppi di ricerca che hanno bisogno di infrastrutture adeguate così come alla ricerca del singolo “ricercatore artigiano” che lavora con gli strumenti del sapere e dell’intelletto su temi che solo lui sa “modellare” nella solitudine della sua “bottega” creando dei veri e propri “gioielli”.
Oltre a garantire con forza e determinazione la libertà di ricercare “il sapere inutile”, il nostro Ateneo deve sapere anche indicare alcuni macrotemi sui quali far convergere ricercatori provenienti da discipline diverse per dar luogo a quella contaminazione dei saperi che solo in un Ateneo generalista come il nostro può trovare casa. Salute, cultura umanistica, creatività, trasformazioni sociali, società dell’inclusione, sicurezza per i sistemi sociali, informatica e intelligenza artificiale, industria e aerospazio, clima, energia e mobilità sostenibile, tecnologie sostenibili, agrifood, risorse naturali ed ambientali sono solo alcuni dei temi che sono di interesse per la società e sui quali i nostri ricercatori sono chiamati a dare un contributo importante. Questi sono anche i temi sui quali Europa e Italia investiranno di più nei prossimi anni attraverso Horizon Europe e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Next Generation EU).
In Europa e nel programma Horizon Europe, che individua i tre pilastri principali della Excellent Science, Global Challenges and European Industrial Competitiveness e infine Innovative Europe, è prevista una dotazione di finanziamenti che ammonta a circa 95 miliardi di euro nel sessennio 2021-2027. Il nostro Ateneo deve essere preparato, per tempo e con attenzione, ad affrontare la sfida con gli altri atenei europei. È necessario anche in questo ambito dare un supporto pieno e qualificato ai nostri ricercatori che vogliono cimentarsi con la competizione a livello europeo. Fondamentale sarà creare un presidio a Bruxelles per essere sempre presenti e anticipare anziché inseguire le “call for proposal” attraverso una precisa azione di lobby e di alleanza con partenariati in grado di garantire una buona percentuale di successo dei progetti presentati.
I punti del programma
- Giovani ricercatrici e ricercatori protagonisti della ricerca
- Progetti di ricerca inter e trans-disciplinari
- Ricerca di base: specificità, interdisciplinarietà, biodiversità
- Infrastrutture di ricerca allo stato dell’arte per competere in Europa
- Horizon Europe: un potente strumento di finanziamento della ricerca
- Next Generation EU: un’opportunità da cogliere
- Il rapporto con le grandi imprese per finanziare della ricerca di base
- La valutazione della ricerca come strumento di crescita
- Il dottorato di ricerca: un vivaio di giovani talenti
È altresì imprescindibile giocare un ruolo da protagonisti all’interno del programma “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, noto anche come #Nextgenerationitalia, che vede una dotazione di oltre 200 miliardi di euro, con alcuni capitoli specificamente dedicati alla ricerca e al trasferimento della conoscenza.
Su questi grandi temi, che condizioneranno in maniera irreversibile il nostro futuro, dovremo imparare, senza pregiudiziali ideologiche, con trasparenza e chiarezza di ruoli, anche a collaborare attivamente con i grandi player nazionali ed internazionali desiderosi di contribuire in modo disinteressato e in forma di mecenatismo al finanziamento della ricerca di base per contribuire alla conoscenza in tutti i campi e alla crescita del nostro Paese per dare ai giovani una prospettiva di un futuro migliore. In accordo con il nuovo Piano Nazionale della Ricerca e con le raccomandazioni dell’Unione Europea la ricerca eccellente nella nostra università potrà e dovrà essere di supporto al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 (SDG 2030).
Particolare attenzione va posta alle nuove generazioni di ricercatori che per formarsi frequentano i nostri corsi di dottorato. Attenzione che va posta anche sulle modalità con le quali vengono reclutati i candidati ad un corso di dottorato che nel nostro paese, nel nostro Ateneo in particolare, sono rigide, con tempi talvolta asincroni con quelli degli stessi nostri corsi di laurea magistrale o a ciclo unico dai quali i candidati provengono. La formazione alla ricerca deve prevedere da una parte percorsi di formazione specialistica all’interno dei quali non devono ripetersi i contenuti dei corsi di studio e dall’altra una formazione di carattere trasversale, entrambi volti a far comprendere le relazioni e i ruoli anche all’interno di un gruppo di ricerca come in una azienda pubblica e/o privata. Lo sviluppo di competenze di tipo imprenditoriale, per chi lo riterrà un percorso interessante per la propria carriera, completerà la formazione dei nostri dottori di ricerca che sappiamo non essere prevalentemente impiegati nell’università e negli istituti di ricerca.
Attenzione va anche prestata ai processi di valutazione della qualità che impattano in modo significativo sulle politiche della ricerca a ogni livello, da quello delle grandi strutture di Ateneo fino ai gruppi e ai singoli ricercatori. L’Ateneo e i Dipartimenti, nel definire i propri piani di sviluppo che per questi ultimi sono declinati nei cosiddetti PSTR - Piani di Sviluppo Triennale della Ricerca - devono definire ed utilizzare parametri coerenti, riconosciuti a livello nazionale ed internazionale, rispettando però le specificità di alcuni ambiti di ricerca e le strategie di assegnazione e di sviluppo. Si devono evitare modelli centralistici che impongono indicatori sintetici solo perché facilmente misurabili e fruibili attraverso algoritmi automatici di assegnazione. L’omologazione non è adatta a rappresentare le molteplici specificità presenti nel nostro Ateneo e il valore delle diverse aree disciplinari. Soprattutto la valutazione basata su algoritmi rigidi e di supposta validità generale non giova a promuovere alleanze interdisciplinari di frontiera. Solo l'utilizzo congiunto di indicatori numerici e valutazioni strategiche può portare invece all'auspicata eccellenza di tutte aree dell'Ateneo.