Sanità e Salute

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La nuova Città della salute e il progetto One Health

Costruire un polo che renda ancor più Padova un riferimento internazionale


Le scienze della vita e l’intelligenza artificiale sono tra i settori verso cui il mondo scientifico, sociale ed economico, sta manifestando particolare attenzione. L’Ateneo nel prossimo sessennio si troverà di fronte a una opportunità unica di investire, crescere, allargare la sua leadership nella ricerca biomedica, traslazionale  e clinicasviluppare nuova proprietà intellettuale e nuove partnership nell’ambito delle scienze della vita, ricerca biomedica, biotecnologie, bio-informatica e bio statistica, nella bio-ingegneria ed intelligenza artificiale, anche grazie allo sviluppo ed alla creazione della nuova “Città della salute”.

La realizzazione della Città della salute, attraverso la costruzione del nuovo polo ospedaliero di San Lazzaro e la riqualificazione dell’Ospedale Giustinianeo, rappresenta per l’Università di Padova l’occasione per un rinnovamento delle modalità e delle dinamiche di erogazione dei servizi sanitari e della ricerca biomedica. Questo rinnovamento potrà realizzarsi attraverso la messa in opera di un grande ospedale universitario e di una nuova struttura di ricerca biomedica che dovranno diventare un riferimento scientifico e clinico nazionale ed internazionale, ed  in cui dovranno essere impiegate le più moderne innovazioni e soluzioni dal punto di vista dei servizi sanitari erogati, della ricerca,  in ambito tecnologico, informatico, architettonico, edilizio ed impiantistico.

La Città della salute e gli elementi costitutivi ed operativi della sua realizzazione potranno quindi proporsi come un nucleo, un volano (con massa critica) a tema ricerca e sviluppo biomedico e biotecnologico, che attragga investimenti e interlocutori del settore. Obiettivo cui tendere è la creazione, prima e durante la realizzazione, e poi accanto e nel contesto della Città della salute, anche di un polo della innovazione, dello sviluppo e del trasferimento tecnologico che solleciti nuovi interlocutori, investitori, e potenzialmente nuove realtà industriali, che supportino la realizzazione della Città della salute e rafforzino le sue potenzialità, gli ambiti applicativi nella ricerca biomedica e traslazionale che conterrà, e la sua crescita futura.

Centrali in questo sviluppo tecnologico saranno le discipline rivolte a gestire la molecolarizzazione sempre più spinta della medicina, che include genomica, epigenomica, trascrittomica, metabolomica e proteomica, medicina molecolare, inclusa la gestione dei big data da queste generati; lo sviluppo della medicina personalizzata e delle terapie avanzate, incluse la medicina rigenerativa e le terapie cellulari e geniche; l’utilizzo sempre più diffuso dell’ingegneria medica per lo sviluppo di tecnologie sempre più efficaci al servizio del paziente chirurgico (e.g., robotica); le possibilità offerte dal macro e micro-imaging avanzato, dalla intelligenza artificiale applicata, dalla patologia digitale; la spinta verso la salute digitale; lo sviluppo delle nanotecnologie e dei biomateriali e della bioingegneria.

In questo ambito risulta ovvio che pensare il nuovo polo della salute esclusivamente in chiave medica sarebbe un errore grossolano. Il futuro vede infatti in quest’ambito la contaminazione di discipline e saperi diversi. Il ruolo sociale e culturale dell’operare nella cura dei cittadini è fondamentale quanto lo sviluppo di nuove cure e tecnologie a servizio della diagnostica e delle terapie. La nuova città della salute dovrà affrontare anche i temi della digitalizzazione della sanità, la sua sostenibilità ambientale, la dimensione umana e sociale della cura del paziente. La città della salute dovrà divenire il primo centro di ricerca trans-disciplinare dove si potranno e dovranno sperimentare anche modalità innovative per la mobilità esterna e interna dei luoghi che si costruiranno, nuove forme di gestione energetica degli edifici, nuove architetture per ospitare personale medico e pazienti, nuove modalità di interazione, anche attraverso la telemedicina, con i pazienti, l’utilizzo dei dati per una diagnostica e terapia più efficaci e più personalizzati, una dimensione sociale con attenzione alle famiglie e ad una maggiore inclusione. Anche la “narrazione”, ovvero la dimensione umanistica della cura, dovrà trovare spazio adeguato all’interno di questa struttura attraverso un nuovo modo di concepire la medicina.

Siamo infatti di fronte ad una crescente centralità dell’aspetto relazionale e comunicativo delle cure mediche e del rapporto tra i medici e i pazienti. Il paziente non è più considerato “solo” un corpo da curare, ma assume importanza crescente la dimensione personale, messa al centro insieme alla narrazione della malattia, così da promuovere un momento di condivisione con i medici e con altre persone. La medicina narrativa allevia i disagi della malattia e le prove che sottopone al paziente e permette alle persone malate di creare una connessione con “gli altri” che hanno vissuto la stessa esperienza o che desiderano rendersi partecipi della sofferenza e dare conforto.

Tutto questo può accadere solamente se alla nostra Università verrà riconosciuto un ruolo di leadership nello sviluppo di un progetto così ambizioso e fondamentale per lo sviluppo di tutta la sanità veneta e nazionale. Università per la quale questa iniziativa potrà diventare una opportunità allargata che la vedrà esercitare un ruolo centrale anche per una precoce identificazione di competenze, risorse, idee innovative e proprietà intellettuale coerenti con questi temi all’interno dell’Ateneo stesso e la loro valorizzazione, attraverso percorsi di partnership e la creazione di nuove startup e spin-off della ricerca, nella fase preparatoria e poi nel contesto della realizzazione e funzione della nuova Città della Salute.

 

È chiaro che, insieme e in parallelo, alla progettazione e alla realizzazione della nuova città della salute, le attività fondamentali di ricerca biomedica, traslazionale e clinica dovranno trovare adeguato spazio all’interno del nostro Ateneo. La dimensione della ricerca, pur all’interno del contesto dell’assistenza medica, deve essere garantita attraverso azioni e mezzi concreti come la disponibilità, promessa ma in alcuni casi mai realizzata, di posti letto dedicati. Anche in questo settore l’Ateneo deve ritrovare il ruolo di guida che le è proprio, senza dovere sottostare a logiche che mal si adattano ad una istituzione come la nostra Università. E questo in un ritrovato ruolo paritetico rispetto alla Regione che deve apparire chiaro, soprattutto per la ricerca e l’attività clinica.



È fondamentale dare vita quanto prima ad un centro di ricerca clinica integrato, a partecipazione universitaria ed ospedaliera, con visibilità regionale, capace di accompagnare e favorire la ricerca clinica anche di fase precoce fornendo supporto e sostegno alla struttura ospedaliera anche sulla base delle competenze universitarie integrate. La  mancanza di una realtà integrata di questo tipo ha creato difficoltà e rallentamenti nella conduzione della ricerca clinica, limitato i nostri ricercatori che devono avere a disposizione mezzi e strutture per sperimentare in sicurezza, ridotto l’accesso dei nostri pazienti a trattamenti sperimentali potenzialmente valevoli e dirottato verso altre istituzioni le case farmaceutiche che in assenza di tempi e modalità certi di esecuzione di trial clinici di fase precoce e/o avanzata preferiscono rivolgersi altrove. Anche la partecipazione alla ricerca europea di alto livello, che sarebbe propria del nostro Ateneo, ha sofferto per la mancanza e ora necessita di un centro di ricerca clinica all’avanguardia. Non è ammissibile che università meno prestigiose della nostra si siano già dotate da anni di strutture simili.


Salute non è solo ricerca e assistenza medica, ma anche un modo di pensare e concepire il benessere. Accanto al progetto di edificazione della città della salute e del polo dell’innovazione, e strettamente connesso a questi, è One Health,  cioè il nuovo modo di pensare ad una salute globale basato sul riconoscimento che la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema sono legate indissolubilmente. One Health è un approccio ideale e multidisciplinare per raggiungere la salute globale perché affronta i bisogni delle popolazioni più deboli e vulnerabili sulla base dell’intima relazione tra la loro salute, la salute dei loro animali e dell’ambiente in cui vivono. Città della salute e One Health potranno diventare due dei progetti multi- e inter-disciplinari indicati nella sezione ricerca perché coinvolgono quasi tutte le aree dei saperi del nostro Ateneo.

 

All’interno di ed accanto a questi grandi temi e progetti, e per garantirne la realizzazione e la fruibilità ottimali, dovranno essere oggetto di attenzione anche le attività più “classiche” legate alla didattica e all’assistenza. 

La pandemia ci ha insegnato e ci sta insegnando molte cose; tra di esse è emersa la carenza di personale medico e, soprattutto, infermieristico nel nostro territorio e paese. In controtendenza sono state chiuse alcune sedi per l’erogazione di corsi di infermieristica che, sulla scorta di quanto sta accadendo, potranno essere riaperte (ed eventualmente potenziate) sfruttando le capacità di erogare didattica con strumenti tecnologici e a distanza. 

Occorre anche risolvere rapidamente il “vulnus” con il quale è nato il corso di medicina presso la sede di Treviso. La Regione Veneto deve assolutamente garantire le risorse finanziarie, di infrastrutture e di personale che erano state promesse in fase di progettazione del corso e che per un vizio formale, non sono ancora certe, soprattutto per quanto riguarda le posizioni di personale docente di ruolo.

Infine l’attenzione va rivolta alle nostre e ai nostri specializzandi che con il loro percorso di formazione garantiscono, e in molti casi suppliscono, l’assistenza clinica e ambulatoriale. Esiste il problema di incrementare l’attrattività di alcune specialità che sono essenziali per la vita di un ospedale (come quella degli anestesisti, e non solo).

È fondamentale ripensare all’equilibrio tra vita sociale e lavorativa per alcune professioni che richiedono invece una pressoché totale dedizione all’ambito lavorativo. Anche in questo caso la nuova Città della salute dovrà fornire risposte concrete; tuttavia non si potrà né dovrà attendere la sua realizzazione quanto, piuttosto, pensare a soluzioni di orizzonte più ravvicinato.