Semplificazione

Governance, semplificazione e digitalizzazione

Liberare tempo per ricerca e didattica, formazione continua per il personale, revisione del sistema di governo


Dalla riforma «Gelmini» si è assistito a un progressivo, e a tratti maldestro, tentativo di trasformazione degli Atenei in Aziende dove la ricerca delle performance, siano esse riferite alla ricerca, alla didattica, alla terza missione o al famoso costo standard dello studente (quasi che le studentesse e gli studenti siano solo dei costi) si è fatta sempre più esigente e asfissiante. All’interno di questa logica e visione distorta il ruolo delle università sembrerebbe essere soprattutto quello di produrre laureati da immettere nel mercato del lavoro. Si chiede ai rettori e ai direttori delle strutture di spogliarsi del ruolo di docenti e ricercatori e indossare i panni del manager, con lo scopo primario di fare quadrare i conti (anzi di fare vedere quanto bravi sono a produrre anche utili pur nelle ristrettezze economiche dei bilanci concessi dal FFO) nel tentativo di rendere “competitive” le “imprese” che governano.

Il personale docente impiega quote crescenti di tempo a riempire dossier, a fare calcoli, a produrre rapporti e statistiche (talvolta inutili), a cercare di fare quadrare i conti di bilanci sempre più magri, a rispondere a questionari, a preparare progetti per ottenere miseri sostegni, a interpretare circolari ministeriali sempre più frequenti, confuse e contraddittorie. L’anno accademico scorre velocemente al ritmo di un instancabile metronomo burocratico che regola lo svolgimento di consigli di ogni tipo (di amministrazione, di dottorato, di dipartimento, di corso di laurea) e di interminabili riunioni assembleari.

Sembra che nessuno si preoccupi, come si dovrebbe, della qualità della ricerca e dell’insegnamento. Studiare – spesso si dimentica che un buon docente è soprattutto un instancabile studente – e preparare le lezioni diventano un lusso da negoziare ogni giorno. Non ci si rende più conto che separando completamente la ricerca dall’insegnamento si finisce per ridurre i corsi a una superficiale e manualistica ripetizione dell’esistente. Con questa parafrasi di un bellissimo libro di un nostro collega letterato – Nuccio Ordine, «L’utilità dell’inutile» – ho voluto introdurre il tema della governance e dell’amministrazione del nostro Ateneo.

Condivisione e democrazia, trasparenza, semplificazione e razionalizzazione della normativa e amministrazione interna, maggiore digitalizzazione delle procedure, al fine di riappropriarsi del tempo sono tutti elementi che devono essere posti come guida per la gestione di un grande Ateneo.

Va rivisto l’attuale processo di delibere e studiata una nuova forma di rapporto tra Dipartimenti e Ateneo. La consulta dei direttori deve potenziare il suo ruolo propositivo oltre che di verifica a valle di quanto operato dalla governance. Un vero processo di democrazia e trasparenza non ama la fretta, ma richiede di acquisire tutte le informazioni necessarie, lasciare il tempo adeguato per valutarle, promuovere una discussione vera e non guidata, ed essere aperto ad accettare serenamente critiche e giudizi in vista del meglio per il nostro Ateneo.

Non è necessario ad ogni piè sospinto introdurre un regolamento, una norma, una linea guida, una delibera, una struttura, un ufficio. In questa direzione vanno eliminati tutti gli adempimenti non necessari e snelliti al massimo quelli necessari pur senza mai perdere di vista il rispetto della legalità. 

Infine, a più di dieci anni dalla entrata in vigore del nostro statuto riterrei sia arrivato il momento di una riflessione più ampia sull’esperienza maturata e su quanto ci aspetta nel futuro. Questa riflessione condivisa potrebbe - e forse dovrebbe - portare a ripensare strutturalmente l’impianto dello statuto.  

Il piano strategico di Ateneo come pure la sua verifica a posteriori non possono essere derubricate a scrittura di un semplice documento a servizio del processo formale di qualità, deve essere invece un momento di condivisione di idee dove i Dipartimenti, attraverso i loro direttori, delegati delle varie aree e responsabili delle «strutture» didattiche partecipano in modo attivo e proattivo.
Ripensare alla strategia di un Ateneo grande e importante come il nostro è un momento essenziale di crescita che esige condivisione degli obiettivi da raggiungere. Ma questo non può essere ottenuto se a pensare a questa strategia sono solo poche persone. È troppo importante il futuro della ricerca, della didattica e del ruolo che l’Ateneo deve rivestire nel territorio per non pensare ad una amplissima condivisione di metodi, strade da percorrere e obiettivi da raggiungere. E questo non passa solo attraverso gli organi istituzionali di governo. La governance, oltre che nella gestione ordinaria dei punti budget che andrebbe aggiornata attraverso un processo di condivisione e democratico, interviene anche nella quota strategica di Ateneo, che attualmente ricopre una buona quota dei punti budget totali, per il reclutamento internazionale, l’impegno per l’attrazione di vincitori di ERC, le chiamate per chiara fama. Anche la gestione e assegnazione di tale quota andrebbe resa più condivisa e posta all’interno di un piano strategico di sviluppo complessivo e armonico che deve, per il futuro, rimanere attento all’attrazione di talenti, prestando però maggiore attenzione alla salvaguardia della capacità di offrire ai propri docenti le necessarie opportunità di crescita e avanzamento di carriera.

Un Ateneo deve essere in grado di motivare i propri docenti, offrendo a chi lavora con elevata qualità, vere progressioni di carriera, e deve rimanere attrattivo nei confronti di risorse valide provenienti dall’esterno. Solo riuscendo a raggiungere un equilibrio armonioso tra questi due obiettivi si potranno raggiungere e mantenere standard elevati nella ricerca e nella didattica e si migliorerà il senso di appartenenza e l’impegno proattivo di tutti.

Non va inoltre sottovalutato il fatto che l’eccessiva burocratizzazione viene giustamente vissuta anche dal Personale Tecnico e Amministrativo come ripetitiva, scarsamente motivante, spersonalizzante e non in grado di mettere in luce le professionalità esistenti e di stimolarne l’acquisizione di nuove. 

Risulta quindi chiaro che identici obiettivi devono essere posti per quanto concerne il reclutamento e la progressione di carriera del personale tecnico ed amministrativo e dei collaboratori in tutti gli ambiti. Nello specifico va posta maggior attenzione all’equilibrio tra amministrazione centrale, Dipartimenti, poli funzionali e centri (le parole Ateneo e strutture periferiche non rendono la duale centralità di tutte queste strutture) con una rinnovata pesatura che veda e soddisfi le reali esigenze di tutti in termini di numero di docenti, di personale tecnico ed amministrativo, di corsi di studio, di laboratori, di aule e infrastrutture immobiliari e informatiche.

Infine si sente spesso parlare di lifelong learning come qualche cosa che il nostro Ateneo deve organizzare, gestire ed erogare per fare crescere le competenze che stanno «fuori». Il lifelong learning deve invece diventare prassi per tutto il personale del nostro Ateneo. Dobbiamo fare in modo che la formazione non sia limitata agli strumenti specialistici sull’uso di tools informatici a supporto della gestione della macchina burocratica dell’Ateneo, ma sia lo strumento fondamentale per passare dal «sì ma» al «perché no». Team building, problem solving, risoluzione di conflitti, uso di piattaforme di gestione dei dati, sviluppo della creatività, inclusione e parità di genere, digitalizzazione dei processi sono tutte competenze che devono diventare “normali” per tutti. La cura per la formazione si deve altresì tradurre in una certezza di carriera a fronte di risultati raggiunti su obiettivi condivisi. Troppe volte non succede così. Dobbiamo fare in modo che questo diventi la normalità!

Digitalizzazione dei processi non significa fare meglio quello che già facciamo ora, ma pensare a processi completamente diversi grazie all’uso delle tecnologie. Piattaforme digitali semplici con interfacce utilizzabili anche da mobile, che condividano una volta per sempre dati sovente richiesti più e più volte da diversi uffici e per svariati motivi, che diano la possibilità di condividere in uno stesso gestionale le attività didattiche e i progetti di ricerca sia di Ateneo che europei, che siano adatti a interagire tra di noi e con la governance. Creare infine una piattaforma web all’altezza dell’Ateneo che viviamo. Il sito web è una finestra sul mondo; in quanto tale deve essere esteticamente accattivante ma soprattutto funzionale ai differenti livelli di fruizione. Ritengo che il sito attuale vada ripensato per stare al passo con i tempi. 

Sono questi solo alcuni esempi di come il processo di trasformazione digitale debba essere inteso, implementato e gestito.

Avendo cura di garantire il benessere di ciascun individuo nel proprio ambiente di lavoro è opportuno porre attenzione in modo particolare a chi deve conciliare il lavoro con gli impegni e i ritmi di una famiglia, soprattutto in presenza di bambini in età prescolare.  Da una parte è necessario offrire servizi di asili nido (un solo asilo nido dopo più di quindici anni non può essere la soluzione) di «campus» e servizi di babysitting a chiamata, gestiti magari da nostre studentesse e studenti, opportunamente formati, sfruttare quando possibile il lavoro agile, dare l’opportunità di poter usufruire di centri e campi estivi. Dobbiamo pensare ad una serie di politiche e azioni di supporto in modo tale che la genitorialità non diventi un ostacolo negli avanzamenti di carriera, basti pensare ai periodi di aspettativa e di congedi di maternità e paternità che possono portare a ritardi nello sviluppo della produzione scientifica. Attualmente non esiste un luogo di ritrovo, una Club House dove portare a cena un collega straniero che arriva a Padova, con la propria famiglia per incontrare le famiglie dei colleghi, un luogo ove si possa dare spazio ad attività culturali e di intrattenimento. Questo luogo potrebbe essere connesso alle iniziative dell’associazione degli Alumni, non essere aperto solamente alla comunità accademica di modo che pure esso, anche in quanto informale, possa favorire il dialogo con la società civile, il mondo dell’impresa, della scuola, della cultura.